Chi di voi non conosce la famosa foto del bacio dei due amanti tra la folla in pieno centro a Parigi di Robert Doisneau? Sicuramente in pochi. Ma forse non tutti sanno che Robert Doisneau ha fotografato tanti altri attimi di tenerezza in giro per Parigi.
E la bella notizie è che dal 24 maggio al 23 settembre 2013 alla Reggia di Caserta sarà in esposizione una grande rassegna antologica dedicata a Robert Doisneau, per iniziativa della Soprintendenza, dell’Atelier Doisneau, della Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia e di Civita, con il patrocinio della Ville de Paris. Io ci sono stata domenica e devo dirvi che ne vale davvero la pena!


Negli Appartamenti Storici del Palazzo Reale è possibile ammirare 200 fotografie originali, scattate da Doisneau nella Ville Lumière tra il 1934 e il 1991 e raggruppate tematicamente ripercorrendo i soggetti a lui più cari, conducendo  il visitatore in una emozionante passeggiata nei giardini di Parigi, lungo la Senna, per le strade del centro e della periferia, e poi nei bistrot, negli atelier di moda e nelle gallerie d’arte della capitale francese.

 

Il soggetto prediletto delle sue fotografie in bianco e nero, sono infatti i parigini: le donne, gli uomini, i bambini, gli innamorati, gli animali e il loro modo di vivere questa città senza tempo. 
Come vi ho accennato, sono stata domenica alla Reggia di Caserta per vedere la mostra e devo dirvi che le sue foto sembrano parlare e nonostante il bianco e nero, nel guardarle sembra che quelle scene stiano accadendo proprio ora davanti ai nostri occhi.
Robert Doisneau (1912-1994), che ama paragonarsi a Atget, percorre fotograficamente le periferie di Parigi per “impossessarsi dei tesori che i suoi contemporanei trasmettono inconsciamente”.
E’ una Parigi umanista e generosa ma anche sublime che si rivela nella nudità del quotidiano; nessuno meglio di lui si avvicina e fissa nell’istante della fotografia gli uomini nella loro verità quotidiana, qualche volta reinventata. Il suo lavoro di intimo spettatore appare oggi come un vasto album di famiglia dove ciascuno si riconosce con emozione.

 

Alcuni cenni storici sulla vita di questo meraviglioso fotografo.Doisneau, dopo essersi diplomato alla Ecole Estienne, scopre la fotografia da giovane, mentre lavora in uno studio di pubblicità specializzato in prodotti farmaceutici.

Nel 1931 è operatore da Vigneau e nel 1934 è fotografo per le officine Renault da dove viene licenziato cinque anni più tardi per assenteismo. Nel 1939 diviene fotografo-illustratore free-lance e nel 1946 entra definitivamente all’agenzia Rapho. Nel 1974 la Galleria Chateau d’Eau di Toulouse espone le sue opere e, a partire dagli anni Settanta, ottiene i primi importanti riconoscimenti. Da allora le sue fotografie vengono pubblicate, riprodotte e vendute in tutto il mondo.



Autore di un grande numero di opere, principalmente su Parigi, Doisneau è diventato il più illustre rappresentante della fotografia “umanista” in Francia. Le sue immagini sono oggi conservate nelle più grandi collezioni in Francia, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e sono esposte in tutto il mondo.

Vi lascio alcune foto che ho scattato io durante la mostra, non rendono come l’esposizione in sè per sè ma spero che riescano ad emozionarvi lo stesso come hanno emozionato me.

 

 

 

 
Questo è ciò che scriveva Doisneau nel 1984 a proprosito delle sue opere:
"Oggi posso tranquillamente confessare che quella di lasciare alle future generazioni una testimonianza della Parigi dell’epoca in cui ho tentato di vivere è stata l’ultima delle mie preoccupazioni. Se mi fossi sistematicamente imposto una missione del genere, avrei accumulato milioni di immagini, ma in cambio di chissà quante giornate senza piacere. No: nella mia condotta non c’è mai stato nulla di premeditato. A mettermi in moto è sempre stata la luce del mattino, mai il ragionamento.
 D’altronde che c’era di ragionevole nell’essere innamorato di quello che vedevo? Non mi sono mai posto la domanda e non me ne pento: chi blocca la suoneria della sveglia non può più conoscere l’ora. [...] Le poche immagini che, nella corsa del tempo, continuano a restare a galla ammucchiandosi come tappi di sughero nel mulinello di un fiume, sono state scattate durante le ore rubate ai miei vari datori di lavoro. Disobbedire mi sembra una funzione vitale e devo dire che non me ne sono mai privato." 

 

Ed ancora:
” In una città in cui tutto è in movimento, non è semplice contrastare l’istinto gregario. Bisogna avere il coraggio di piazzarsi in un punto e
di restarci immobili: e non per qualche minuto, ma per un’ora buona, magari anche due. Bisogna trasformarsi in una statua senza piedistallo,
ed è buffo, in quei casi, vedere fino a che punto si riesca ad attirare i naufraghi del movimento.
« Avrebbe mica un cavatappi? »
« Parla francese? »
« Ha visto per caso un cagnolino bianco con un guinzaglio rosso? »”

 

Continua Doisneau:
“Rispondo sempre con cortesia squisita, sebbene mi secchi essere disturbato: pervedere bene ci vuole un minimo di concentrazione. Vedere, a volte, significa costruirsi, con i mezzi a disposizione, un teatrino e aspettare gli attori.Aspettare chi? Non lo so, però aspetto. Io spero sempre, e quando uno ci crede con forza è difficile che qualcuno non finisca per arrivare.
Dopodiché la messa in scena viene improvvisata all’insegna della fugacità. 

Per essere leggibile, un’immagine deve assumere la forma di uno di quei segni utilizzati fin dalla notte dei tempi dai preti, e solo da poco dalla segnaletica stradale. […] Si tratta di una deliberata manovra per dimostrarvi quanto possa essere delicata la pratica della fotografia.
Nelle scenografie che assistono alle sofferenze umane e che mi sembrano cariche di nobiltà, i gesti della vita vengono compiuti con semplicità e i voti di coloro che al mattino si alzano presto sono commoventi. Ti fanno squagliare di tenerezza.” [Robert Doisneau, 23 ottobre 1984]