Se vi trovate a Napoli per sole poche ore in attesa di un treno in ritardo o di una coincidenza, proprio di fronte alla Feltrinelli della Stazione Centrale, in Via Arnaldo Lucci 195/197 potete gustare delle buonissime pizze gourmet con ingredienti di prima qualità alla Pizzeria “Franco” di Francesco Gallifuoco.
Generalmente quando viaggio tendo ad evitare i ristoranti situati nei pressi della stazione in quanto spesso sono dei posti prettamente turistici caratterizzati da prezzi alti e scarsa qualità.
A Napoli, invece, c’è un’eccezione anche per questo.
La “Pizzeria da Franco” è una pizzeria storica napoletana, attiva dal 1966 che da sempre unisce piatti della tradizione partenopea con ricette sperimentali.
Attualmente è gestita dal giovane Francesco Gallifuoco, giovane rampollo di una famiglia che da oltre un secolo tiene viva la tradizione gastronomica partenopea iniziata con il bisnonno Francesco.
Il giovane Gallifuoco, coadiuvato dal fratello Pasquale, dalla mamma Maria Calabrese, dalla zia Silvana e da uno staff di tutto rispetto, dopo un lungo percorso di sperimentazione sugli impasti e un lavoro di ricerca di materie prime selezionate, ha dato nuova vita alla Pizzeria “Franco” sottoponendola ad un restyling della struttura e del logo ad opera di Vincenzo Iovino, ed un rinnovamento del menù che ho avuto modo di gustare lo scorso 10 dicembre nel corso di un pranzo organizzato dalla giornalista Laura Gambacorta.
Tante le novità nel menu del locale di Gallifuoco a partire dall’impasto realizzato con un blend di farine “00” e tipo 1 con lievimaturazione da 24 a 48 ore per recuperare gli antichi sapori della pizza napoletana e l’utilizzo di prodotti eccellenti dalle migliori aziende della Campania (pomodori tipici del Vesuvio dell’agro-nocerino sarnese, mozzarella di bufala campana dop). Il risultato è una pizza leggera, digeribile e gustosa con un cornicione alveolato, giusta caramellizzazione, dal retrogusto rustico.
Il nuovo menu delle pizze è davvero ampio. Troviamo sia le ricette classiche dei secoli passati (dal ‘700 al ‘900), dalla cucina aristocratica a quella popolare grazie all’esistenza di quattro generazioni di cuochi e ricette più tradizionali ed innovative con accostamenti davvero insoliti, che le rendono gourmet.
Del resto, Maria Calabrese, mamma di Francesco e valida aiutante del figlio, è figlia del patron dell’omonimo cravattificio napoletano. In cucina sin da quando la pizzeria era gestita dal marito Marco, ispirò tantissimi piatti e pizze del menù che erano dedicati a lei. Fu così che negli anni ’70 a Napoli in molti mangiavano la pizza Toca, dal nome della cravatta più venduta dei Calabrese, fatta con frutti di mare, funghi e mozzarella.
Tra le pizze novità in carta, che ho avuto modo di assaggiare, troviamo:
la margherita verace (con pomodori san marzano DOP, mozzarella di bufala campana DOP, olio evo e basilico fresco);
la Vincotto (con Emmental d grotta, gorgonzola “Arrigoni”, fior di latte di Agerola, barilotto di bufala e scaglie, vincotto e olio evo);
la ‘700 (con pomodorino giallo, lardo iberico e barilotto di bufala) considerata quasi la madre di tutte le pizze e da molti conosciuta come “Mastunicola”, citata da Alexandre Dumas nel 1840 in uno dei suoi scritti, e da un antropologo napoletano nel 1833;
il Ripieno Rustico al forno a legna (con scarola napoletana saltata con capperi di Pantelleria, olive nere di Gaeta, alici fresche spinate, mozzarella di bufala campana DOP in crosta di pecorino romano e olio evo).
Tutte le pizze sono abbinate alle birre artigianali del birrificio Casa di Cura, birrificio Abruzzese che propone delle birre scure con gradazione di quelle chiare davvero buonissime, realizzati con malti e luppoli inglesi d’ispirazione britannica.
Io ho provato:
– La Flebo prodotta utilizzando malti pale, speciali luppoli nobili inglesi e lieviti british. “Il fatto di fare una birra con la gradazione di una bionda e il carattere di colore di una scura è un po’ una provocazione – dichiara Agredo Giugno, uno dei fondatori del birrificio – perché quando si parte con un birrificio artigianale di solito si produce come prima birra proprio una bionda, noi abbiamo creato la Flebo: una ‘bionda scura’”;
– La TSO (acronimo di Trattamento Sanitario Obbligatorio) è una birra ad alta fermentazione monomalto, monoluppolo e monospezia. Infatti ogni lotto è unico;
– La Tripel prende il nome da un principio attivo, la Tripelennamina, utilizzato dapprima come antistaminico e poi come sedativo. E’ una birra da abbinare a piatti con una venatura dolce, essendo dotata di uno stile belga con un filo d’amaro molto delicato.
Nel nuovo menu della Pizzeria da Franco, è possibile anche leggere i suggerimenti di abbinamento della birra in base alla pizza ordinata in modo tale da poter gustare al meglio la bontà sia delle pizze che delle birre artigianali evitando di accostare una birra amara ad una pizza dolce o viceversa.
Altri intriganti novità in carta sono la sfogliatella con mozzarella di bufala, pomodoro San Marzano Dop e ricotta di pecora e la frittatina con salsicce e friarielli.
E’ stata inoltre ampliata la carta dei vini.
Io ve la consiglio e non solo se siete di passaggio a Napoli, ma anche se volete trascorrere un pranzo o una cena piacevole con i sapori della tradizione partenopea. Il locale è su due piani e potete decidere di accomodarvi ad affaccio strada o al piano inferiore per un’atmosfera più tranquilla e rilassata.