Nelle Sale occupate dalla Galleria i costumi sono esposti all’interno di vetrine appositamente climatizzate dove rimangono per un periodo di due anni, al termine del quale vengono sostituiti da altri esemplari. Si sono succedute dal 1983 al 1996 sei rotazioni di costumi; fino alla quinta ‘selezione’, le esposizioni evidenziavano secondo criteri didattici l’evoluzione della moda dal ‘700 agli inizi del ‘900; nel 1996 la selezione è stata dedicata all’ornamento, ovvero al ricamo e alla sartoria italiana e l’allestimento non segue un ordine cronologico; la prossima vedrà nuovamente esposti i costumi teatrali Tirelli corredati dei loro bozzetti e relative foto di scena.
Per l’esposizione degli abiti vengono utilizzate sette diverse tipologie di manichini, in relazione alle singole epoche e fogge.
In occasione dei 30 anni trascorsi dalla fondazione della Galleria del Costume di Palazzo Pitti, è stata allestita la mostra “Donne protagoniste nel Novecento”.
Si tratta di un percorso attraverso la moda del XX secolo, infatti la mostra presenta abiti e accessori
appartenuti a donne che si sono mese in evidenza nel corso del Novecento e continuano a distinguersi in discipline e campi diversi, attraverso i quali manifestano la propria creatività. Ma sono anche icone del gusto del loro tempo, alcune distinguendosi per la creatività con cui realizzano le loro opere o le decorano, altre emergono per la fantasia e l’estro con cui le indossano.
Ogni donna è stata (o lo è tuttora), protagonista per una determinata specificità, a tal punto che alcuni tratti distintivi e salienti della loro personalità emergono proprio dai capi d’abbigliamento o dalle loro creazioni.
Il percorso espositivo – il cui progetto d’allestimento e direzione dei lavori si devono all’architetto Mauro Linari – si snoda attraverso le sale della Galleria, iniziando con i preziosi capi realizzati da Rosa Genoni, donna socialmente impegnata e promotrice della moda made in Italy, seguita dalle splendide tuniche realizzate da Fortuny appositamente per Eleonora Duse ed i leggendari abiti di donna Franca Florio. Meno note al grande pubblico Maria Cumani, che ispirò il marito Salvadore Quasimodo, e Antonella Cannavò Florio che indossava romantici abiti di Schuberth, il “sarto delle dive”, mentre l’esuberanza e l’eccentricità sembra avvicinare personalità diverse quali Anna Piaggi e Cecilia Matteucci Lavarini (dalla sontuosa collezione di quest’ultima è arrivata in dono un’importante scelta di abiti), entrambe attente collezioniste di moda .
Susan Nevelson, designer per Ken Scott, e Lietta Cavalli, sono due creatrici di fantasie tessili, logisticamente vicine in due sale contigue, ma che si collocano stilisticamente agli antipodi. Ci sono poi gli abiti di Anna Rontani, scrittrice di romanzi che faceva sfoggio del suo guardaroba di oltre mille pezzi, dal quale ci sono pervenuti in dono alcuni esemplari.
Di sicuro richiamo la donazione di alcuni abiti di Patty Pravo indossati durante tre edizioni del Festival di Sanremo (del 1984, del 1987 e del 2002), che trovano spazio nella sala da ballo.
Di Flora Wiechmann Savioli e Angela Caputi si presentano rispettivamente i gioielli in materiali non
preziosi e i bijoux. Si aggiungono a queste presenze, le spose (protagoniste per un giorno), con nove abiti nuziali. Interessantissimi gli intrecci delle donne del Rwanda che i designers trasformano in gioielli.
Scrive il Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini: “Donne al centro, questo il filo conduttore: donne protagoniste in quanto collezioniste di abiti e di accessori, indossatrici-interpreti, stiliste di se stesse, signore della moda. Donne dello spettacolo; donne che hanno scelto di rendere ogni propria apparizione uno spettacolo. Donne creative come artiste, stiliste, artigiane. Presenze non scontate, rispetto alla fitta (e conosciuta, e storicizzata) anagrafe maschile nei ranghi dell’alta moda”.
Da parte sua, la Direttrice della Galleria del Costume, Caterina Chiarelli, sostiene: “Anche se l’intensa attività di alcune protagoniste ci conduce fino al momento presente, il secolo chiamato in causa è soprattutto il Novecento, secolo di grandi cambiamenti, di diritti acquisiti da parte delle donne, in sincronia con mutamenti di grande rilievo che interessano l’abbigliamento in quanto manifesto della vita sociale”.
Accompagna la mostra il catalogo curato dalla stessa Chiarelli, edito da Sillabe e riccamente corredato da
immagini degli abiti in mostra con le relative schede e una breve biografia di ciascuna “Donna Protagonista”.
L’arredamento degli ambienti risale al periodo della corte sabauda (1862-1865) ed in questo periodo le pareti vennero addobbate e decorate con sete e tessuti ed arredate con mobili pregiati provenienti da Parma e Piacenza.
Al fine di mantenere l’integrità delle stoffe costituenti i capi, i pezzi vengono alternati ogni 2 anni e per ogni ciclo espositivo vengono indicate in modo scrupoloso le origini e le provenienze. L’esposizione documenta l’evolversi degli, usi degli stili e delle tradizioni delle civiltà e possiamo trovare i classici costumi femminili del XVIII secolo stretti in vita e gonne gonfiate, abiti dell’Ottocento fino ad arrivare ai classici abiti dei primi anni venti del XX secolo.
Anche per l’abbigliamento maschile esiste una vasta esposizione che procede parallelamente all’esposizione degli abiti da donna.
Le rotazioni dei costumi sono determinate da esigenze di conservazione: evitano infatti che gli abiti vengano sottoposti allo stress di una permanenza troppo prolungata su manichino e ad una eccessiva esposizione ai raggi di luce, sebbene il grado di luminosità nelle sale sia rigorosamente controllato. Il periodico ricambio, oltre a fare del museo una istituzione viva ed in continuo fermento di idee ed iniziative, permette di mostrare il maggior numero possibile di opere, soddisfacendo così anche le esigenze dei pubblico e degli studiosi e gratificando la generosità dei donatori.
Le selezioni sono corredate di cataloghi dove, oltre a saggi inerenti la storia della moda e la conservazione dei manufatti tessili, vengono presentati i singoli capi mediante schede storico-artistiche che includono anche notizie relative alla provenienza e all’acquisizione.
Nella sala centrale da ballo si tengono esposizioni temporanee di costumi e accessori sempre di proprietà della Galleria. I costumi esposti costituiscono di volta in volta soltanto un piccolo nucleo della collezione di proprietà della Galleria che comprende costumi storici dal XVI secolo (i più antichi sono gli abiti funebri restaurati di Cosimo I de’ Medici, Eleonora di Toledo e don Garzia) ai nostri giorni, accessori e costumi teatrali (con il lascito dei costumi della Sartoria Tirelli), ed ammonta complessivamente ad un numero di circa quattromila pezzi, tutti conservati in depositi annessi alla Galleria. La maggior parte delle opere è pervenuta per donazione di privati o associazioni, fra le quali l’Associazione Amici della Galleria del Costume, che sostiene e si fa promotrice di iniziative connesse alla Galleria fino dalla nascita della Galleria medesima. Non mancano, anche se più sporadici, gli acquisti da parte dello Stato.
Al piano superiore dell’edificio, nelle cucine della Palazzina, è ospitato il Laboratorio di restauro tessile indispensabile per la manutenzione di abiti ed accessori e per tutte le attività relative all’esposizione dei costumi medesimi. Nel laboratorio vengono sottoposti ad interventi di restauro gli esemplari che si presentano in cattivo stato di conservazione o la cui foggia originaria ha subito modifiche nel tempo.