In questi giorni, mentre giravo come una turista per Milano con google map sempre aperto (anche se conosco ogni angolo della città e do’ indicazioni ai turisti come se ci vivessi da una vita), ho finalmente incontrato dal vivo una delle tante persone conosciute sul web, che mi ha accompagnato nei miei lunghi giri in lungo ed in largo per la Design Week non stancandosi del mio passo spedito, del mio multi tasking che mi porta a fare e pensare centomila cose al minuto e mi ritrovo sul suo blog in un bellissimo racconto di una serata trascorsa in mia compagnia: “Questa scia di napoletanità briosa che mi ha accompagnato tra Brera, Tortona e piazza Duomo, mi ha fatto ritrovare la Milano persa di vista”, così mi ha definito. Sorrido sul suo racconto un po’ romanzato e vi invito a leggerlo (ed a prestare attenzione nel trascorrere una serata con un giornalista con la G maiuscola, perchè potrebbe annotarsi tutto ciò che gli dite 😉
Questo il suo racconto di una serata trascorsa con me, del resto, lo dico sempre che starmi dietro non è facile… e penso che ve ne rendete conto dalle centomila cose che scrivo ed annoto qui sul mio blog, ma non solo…le mie note dell’iphone sono piene di appunti, foto, pensieri sparsi annotati qua e là pronti per trasformarsi in racconti… Ma vi lascio leggere il racconto di un giornalista con i lacci sciolti (come vuole definirsi, ma che per l’incontro con me ha indossato scarpe senza lacci per paura delle critiche di una fashionista ahaha) e vi invito a leggere anche il suo blog:
“Dovrei raccontare il primo appuntamento con la (fashion) blogger alla Milano Design Week con le mie scarpe lucide senza lacci per paura che si accorga di quanto sono trasandato e cammino con i lacci sciolti. Dovrei raccontare il suo passo spedito, l’entusiasmo che ci mette prima di aggiornare la sua community di Facebook.
Dovrei raccontare quando ti piazza in mano lo smartphone, sussurrando “Ti spiace? Mi fai una foto?” e tutte le raccomandazioni necessarie (eh si, vi chiedete spesso chi mi scatta le foto, ecco, sono i miei accompagnatori occasionali o fissi, che vengono trasformati all’occorrenza in fotografi, dopo che gli ho impostato tutte le angolazioni su come e dove scattare). Dovrei raccontare quando all’improvviso ti molla la borsetta, mette in carica il cellulare e si sposta a destra e sinistra: scruta, osserva, prende un foglio di carta e appunta come quelle studentesse certosine che mi passavano gli appunti all’università.
Dovrei raccontare quando ci incamminiamo, incontra persone e ti presenta agli altri come se ti conoscesse da sempre (beh, per me le persone conosciute sul web sono amici reali, il web è la mia vita e la mia vita è il web). Quando meno te lo aspetti la ritrovi con gli occhi sul touchscreen che parla e senza preavviso ti tira dentro, presentandoti alla community. “Sì, salve, in verità stiamo improvvisando, tutta colpa sua…”, faccio io imbarazzatissimo (non è da me) mentre mi rendo conto di essere finito in una delle sue Instagram Stories.
Invece no, voglio scrivere su altro, oltre lo steccato delle persone che abitano il mondo dei social. Voglio scrivere sul comandante della nave da crociera che, al ritorno da mesi di navigazione, abbracciò la sua sposa ed ebbe la notizia che presto sarebbe diventato papà. Il nome della bimba era inciso su una conchiglia trovata sulla spiaggia di Torre del Greco così come quello della sorellina arrivata una manciata d’anni dopo. (non è andata proprio così, ma mi piace il mondo in cui ha romanzato la storia della mia famiglia, che gli ho raccontato distrattamente rispondendo se nella mia famiglia c’erano giornalisti e perchè ho deciso di intraprendere questo lavoro).
Voglio scrivere sul nonno che, tenendo sulle ginocchia la nipotina, le raccontò della casa costruita sulla lava del Vesuvio del ’45. Voglio scrivere su una valigia piena di sogni in viaggio da Napoli lungo tutto lo stivale italiano, per anni, con testardaggine, determinazione, perché la lotta per rimanere sé stessi vale quanto quella contro i disfattisti benpensanti convinti che con i sogni non si voli.
Queste non sono Instagram Stories digitalizzate, queste sono storie punto e basta, le storie di inchiostro e carta che danno l’anima alle nostre radici. Questa scia di napoletanità briosa che mi ha accompagnato tra Brera, Tortona e piazza Duomo, mi ha fatto ritrovare la Milano persa di vista.
Dovrei raccontare come ha rincorso il tram, come è scomparsa nel buio alla sua maniera di mischiare chiacchiere e riservatezza, mentre io ridevo immaginandola alla prese per ordinare la collezione di scarpe o pronta con la valigia fucsia, grande come una casa. Invece no, voglio scrivere su quello che le blogger non dicono mentre mi ronzano in mente i versi di Pino Daniele: “Anna verrà col suo modo di sorridere per questa libertà.” [R.P.]
Mentre rileggo queste parole sorrido ancora e penso a quanto sia difficile starmi vicino e stare dietro ai miei ritmi, di come mi circondo di persone più impegnate di me, per poi fare i salti mortali per incontrarci e… di come la mia vita è cambiata da quando ho aperto questo (all’epoca piccolo) spazio sul web per raccontare dei miei viaggi e della mia passione per la moda… Grazie Rosario per la bella serata trascorsa insieme e per avermi dato uno spunto di riflessione… molti pensano che le blogger non facciano nulla dalla mattina alla sera, che si svegliano a mezzogiorno ed accendono il pc sorseggiando una tazza di the caldo… io invece a volte penso che vorrei giornate di 48 ore per riuscire a fare tutto ciò che vorrei, che spesso avrei bisogno del dono dell’ubiquità per essere contemporaneamente in più posti e nelle mie due città a 900 km di distanza tra le quali mi divido periodicamente, che corro sempre su e giù per lo stivale e non solo, che ormai i non luoghi sono diventati il mio habitat naturale, treni, aeroporti e stazioni li conosco come le mie tasche, che vorrei avere più tempo per approfondire amicizie, luoghi, esperienze… ma amo il mio lavoro e cerco di vivere ogni esperienza come se fosse la prima volta!