La città di Napoli, nota a tutti per la sua bellezza ed il suo calore, con il clima sempre mite, il mare, il Vesuvio ed il suo street food famoso in tutto il mondo per la sua bontà, è da sempre legata a miti e leggende “terrificanti” risalenti a tempi antichi: dalle tracce lasciate dai Templari, ai segni occulti e misteriosi dei sacerdoti di antichi culti esoterici egizi, da maghi e da alchimisti.
Uscendo dai soliti itinerari turistici, un tour da brivido attraverso 10 location “terrificanti” legate a storie incredibili, che ti farà scoprire una città nuova ed ancora più affascinante, ricca di misteri irrisolti.
Per quante volte si visiti Napoli, non si può mai dire di conoscerla pienamente. Io ci sono nata e cresciuta, eppure ogni volta rimango affascinata di fronte alle numerose storie, aneddoti e leggende che l’avvolgono e scopro ogni volta una città sempre più affascinate e misteriosa.
Passeggiare per il suo centro storico, da Via dei Tribunali fino al quartiere Sanità, se di giorno è un’esplosione di colori, di musiche e profumi che provengono dai numerosi negozietti tipici, di sera la città cambia aspetto. Addentrandoci nei vicoli, vengono alla luce storie e leggende che hanno quasi dell’incredibile, proprio come questa di Maria D’Avalos.
Già la storia di come sia stata fondata la città è di per sé una leggenda.
Si narra, infatti, che Napoli sia nata dallo struggersi d’amore della sirena Partenope, una delle sirene ammaliatrici di Ulisse che, trasportata dalle correnti marine sugli scogli di Megaride dove oggi sorge il Castel dell’Ovo, si lasciò morire trasformandosi nella morfologia del paesaggio partenopeo, il cui capo è appoggiato ad oriente, sull’altura di Capodimonte ed il piede, ad occidente, verso il promontorio di Posillipo. Così divenne la protettrice della città di Napoli che continua ad essere chiamata “città partenopea”.
Ma lasciate che ve la racconti e che vi porti in giro in un tour insolito alla scoperta dei luoghi meno turistici, ma più affascinanti della Napoli esoterica. Resterete sorpresi dalla quantità di storie e leggende che aleggiano intorno a questa città.
Prima della partenza, però, armatevi di macchine fotografiche, scarpette comode per camminare sui sanpietrini e scendere nel sottosuolo, vestitevi a strati perché di giorno quando c’è il sole fa caldo anche a marzo e, non dimenticate un gran sorriso. Resterete affascinati dal colore e dal fascino di questa città.
1) Castel Dell’Ovo
La prima location più significativa di tutta la Napoli magica ed esoterica è il Castel Dell’Ovo, il castello più antico della città di Napoli nonché uno degli elementi che spiccano maggiormente nel celebre panorama del golfo, situato sull’isolotto di tufo di Megaride unito alla terraferma da un sottile istmo di roccia, raggiungibile dal lungomare di Mergellina.
Fu fatto costruire dal re normanno Guglielmo I, detto il Malo, ed ha la forma di una fortezza, con le guglie in pietra di tufo, i sotterranei profondi, ed i cannoni puntati ai quattro angoli.
Dalla sua sommità è possibile vedere tutta la città di Napoli: da Posillipo al Vesuvio fino alla collina di Capodimonte dove è possibile scrutare il Castel Sant’Elmo.
Secondo una leggenda, che circolava già nel 300 d.C., ai sotterranei del Castel Dell’Ovo è legata la magia nera del Mago Virgilio, che usava pozioni magiche ed incantesimi per proteggere la città.
La magia di Virgilio era così potente che i Napoletani fino all’età medievale consideravano il poeta quale protettore della città, fino a quando la chiesa, per eliminare ogni forma di paganesimo, lo sostituì con San Gennaro.
Si narra che il poeta fece murare nei sotterranei del castello un uovo deposto in una caraffa di vetro, al quale legò le sorti non solo del castello ma anche della stessa città di Napoli.
Il castello prese così il nome di “castello dell’Ovo” e fin quando l’uovo giace al sicuro tra le sue fondamenta, la città di Napoli non corre pericoli.
2) Cimitero delle Fontanelle
Molto suggestivo poi il Cimitero delle Fontanelle, una cava di tufo nel Rione Sanità di Napoli nella quale, a partire dalla pestilenza del 1656, vennero ospitati i poveri resti delle vittime dell’epidemia. Ad esso è legato il rito delle “capuzzelle”, ossia l’usanza di adottare il cranio di uno dei morti di identità ignota al quale chiedere servigi e favori, come se fosse un membro della famiglia. La capuzzella da quel momento diveniva parte integrante della famiglia e le venivano riservate cure e preghiere.
I teschi venivano lavati, adorati e sistemati in cassettine di legno o di vetro, come se fossero di proprietà. I devoti sceglievano un teschio, lo pulivano e costruivano un altarino con lumini e rosari. Iniziavano a pregare per l’anima prescelta che, attraverso il sogno, si manifestava. Lo spirito chiedeva che gli venissero rivolte delle preghiere per alleviare le pene del purgatorio. Il devoto, una volta tornato al Cimitero delle Fontanelle, abbelliva ancora di più l’altare, continuava a pregare e, in cambio, chiedeva una grazia.
Gran parte dei napoletani credevano al culto della “capuzzella” ed adottavano un teschio per rivolgergli preghiere in cambio di una grazia. Se la grazia avveniva, il teschio veniva posto in un luogo più protetto. Se la grazia non arrivava, se ne sceglieva un altro con il quale si iniziava la stessa trafila. In questo ossario è quindi possibile capire il rapporto che i napoletani hanno con la religione, la morte, i defunti, il destino, il lotto, la fortuna.
Alcuni dei crani del Cimitero delle Fontanelle sono diventati “famosi” tra i Napoletani: per esempio il teschio del Capitano, attorno al quale ruotano diverse leggende, e quello di Donna Concetta, chiamato ‘A capa che suda perché è sempre lucido e non si impolvera mai, a differenza di altri teschi del cimitero…
Oggi il culto dei morti è vietato dalla città di Napoli, ma molti continuano a crederci ed a lasciare preghiere e fiori alla “capuzzella”.
Verità, leggenda, credenza popolare, qualunque essa sia, il cimitero delle fontanelle ancora oggi è un luogo sacro per i napoletani.
Il cimitero delle Fontanelle è raggiungibile attraversando il Rione Sanità, uno dei quartieri più colorati e folkloristici della città, che ha dato i natali a Totò, tra vicoli stretti, i bassi dai quali esce odore di ragù e la dolce melodia delle canzoni neomelodiche napoletane, motorini che sfrecciano veloci, il profumo dei panni appena stesi da un lato all’altro della strada, palazzi nobiliari dalla bellezza disarmante e murales moderni che rendono le strade più belle e colorate. Lungo la strada, fermatevi in Via Vergini, per mangiare il fiocco di neve di Poppella, un dolce ricoperto di zucchero a velo, la cui ricetta è segreta. Dopo la visita, non perdetevi la pizza da Concettina ai Tre Santi, sempre in Via Vergini, altra eccellenza gastronomica del quartiere.
3) La chiesa delle anime del Purgatorio di arco
La Chiesa delle Anime del Purgatorio di Arco, gioiello del XVII secolo, eretto in pieno fervore controriformistico, situata in Via dei Tribunali proprio pochi metri più avanti della celebre pizzeria Sorbillo, sullo stesso lato di Via Tribunali e legata al culto delle “anime pezzentelle”. La si riconosce facilmente perchè all’esterno ci sono due colonne con sopra dei teschi di bronzo con le tibie incrociate ed una grata al centro dalla quale sporgono dei fiori.
Rappresenta un luogo di culto fondamentale per i Napoletani, che fin dal Seicento si fermavano qui dopo la meditatio mortis offerta dalla visione del cimitero sottostante.
La chiesa fu eretta nel 1616 su incarico di alcune famiglie nobili napoletane per farne un luogo di sepoltura e fu dedicata al culto delle anime del Purgatorio “anime pezzentelle”, in modo che dopo la morte si potesse rendere più breve il soggiorno in quel luogo che impediva la riconciliazione con il Signore.
Le “anime pezzentelle” sono le anime dei morti abbandonati, che vagano nel Purgatorio alla ricerca della pace eterna ed i cui teschi vengono “adottati” dai napoletani, proprio come nel Cimitero delle Fontanelle, con la differenza che qui il culto viene praticato in una chiesa ed ancora oggi ci sono molti fedeli che scendono lì a pregare.
Nell’Ipogeo della chiesa, a cui si arriva tramite una botola, esistono lungo le pareti diverse nicchie e altarini.
Le visite guidate si effettuano solo la mattina. Scendiamo nei sotterranei attraverso una scalinata e ci imbattiamo nel famoso teschio con il velo da sposa, a cui ancora oggi le giovani donne in cerca di marito rivolgono le loro preghiere. “Cara Lucia, fa che il mio sogno si avveri e trovi la serenità”, “principessa Lucia, fa uscire mio marito al più presto”, “ Cara Principessa Lucia abbiamo saputo della tua esistenza solo stasera, sappiamo dei tuoi miracoli e prodigi…” sono solo alcuni dei messaggi lasciati su bigliettini anonimi accanto alla “capuzzella”. Lucia, non è una santa, ma è come se lo fosse.
Secondo la leggenda, si tratterebbe di Lucia D’Amore, figlia del principe di Ruffano, data in sposa al marchese Giacomo Santomago, ma che non sia mai riuscita a sposarsi. Secondo alcuni sarebbe morta subito prima, secondo altri, subito dopo. Resta evidente che, non essendo stato consumato il rito di passaggio dell’unione matrimoniale, il suo teschio, sia stato conservato ancora con il velo da sposa.
Lucia è così diventata una luce di speranza per tutte quelle donne che desiderano trovare l’uomo della propria vita per sposarsi.
Dopo la visita, immancabile una pizza da Sorbillo, la storica pizzeria che ha inventato la pizza a otto, ossia dando la possibilità agli abitanti del rione di pagarla a credito dopo otto giorni. L’attesa è davvero lunga, se ti va bene, di un’ora, altrimenti anche due ore, ma ne vale davvero la pena!
In via dei Tribunali le pizzerie storiche che preparano la classica pizza margherita sono tante. Le migliori le si riconosce dalla fila di persone in attesa davanti all’ingresso. La mia preferita ovviamente è Sorbillo.
4) Chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta
Continuando il tour lungo Via Tribunali, fermatevi nei pressi di Piazza Luigi Miraglia per visitare la Chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta.
Questa chiesa sorge sui resti di un antico tempio greco-romano di Diana, divinità femminile a cui le donne si rivolgevano per ottenere parti non dolorosi.
Qui officiavano le sacerdotesse, dette janare dal nome della dea, che furono accusate di stregoneria e messe al bando dalla Chiesa Cattolica, perché ritenute capaci di invocare il Diavolo, che si dice terrorizzasse i passanti travestito da enorme maiale.
Così, nel 533 il vescovo Pomponio, per scacciare il demonio, fece edificare l’attuale chiesa sul tempio di Diana nel punto esatto in cui si trovava la famosa Pietra Santa proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maggiore di Sion, da cui la chiesa prende il nome e portata a Napoli da pellegrini da Gerusalemme.
I segni dell’antico tempio sono visibili ancora oggi sul campanile, unico a Napoli nel suo genere architettonico, che incorpora colonne e muri greci e romani preesistenti e che riportano figure care agli antichi ermetisti medioevali.
Ciò che però rende questa chiesa interessante nel nostro tour della Napoli esoterica, sono ancora una volta i sotterranei, che testimoniano il passaggio dei Cavalieri Templari a Napoli.
In origine, la Basilica era caratterizzata da un’impostazione tipologica paleocristiana, presentandosi come una chiesa a tre navate con grande cupola centrale.
Durante la seconda guerra mondiale subì però ingenti danni e rimase abbandonata fino a quando, nel 2009 iniziò un restauro che ha rivelato una nuova sorprendete scoperta.
Sotto la chiesa sono state trovate dodici croci templari incise sulle pareti, disposte in modo da delimitare il perimetro di un percorso sotterraneo. È stata rinvenuta anche una croce latina a triangolo rovesciato che ricorda la coppa di Cristo che contiene il soma, la bevanda dell’immortalità, il Santo Graal.
Del resto, non c’è da stupirsi, l’Ordine dei Cavalieri Templari, fondato nel 1118, era diffuso in tutta Europa e secondo alcuni documenti angioini, in Campania aveva molti possedimenti, tra cui una domus proprio nel decumano centrale dove sono state trovate le croci.
Ma non è finita qui. I lavori di scoperta del sottosuolo di Napoli negli anni sono continuati e, nel 2014 sono state rinvenute altre 23 croci simili, per un totale di 36, tutte di fattura templare. Secondo alcuni il percorso è lo stesso riportato in un codice antico “nascosto” sul bugnato della chiesa del Gesù Nuovo, dove un tempo vi era la fontana egizia di Morfisia, la fontana dell’immortalità, alimentata dall’acqua del Sebeto. Senza contare che secondo alcuni la Pietrasanta era la pietra angolare del Tempio di Gerusalemme. Una pietra divina ricca di significati magici. Il che rende questo luogo davvero molto suggestivo…
5) Napoli sotterranea e il “munaciello”
Sotto la città di Napoli esiste un’altra città, sotterranea, un tempo caratterizzata dagli acquedotti e successivamente divenuta luogo di accoglienza durante la seconda Guerra Mondiale.
Fondamentali per la storia della città sono, infatti, le sue cave di tufo, che hanno fornito il materiale con cui costruire le case e che hanno presto rappresentato un nascondiglio sicuro per gli abitanti in momenti difficili.
Una città gemella sotto la città nata a forza di levare mattoni di tufo per la costruzione delle case sovrastanti, caratterizzata da grotte chilometriche, pozzi profondi, grandiose caverne e sorprendenti catacombe, spesso teatro di eventi magici ed esoterici.
Mentre scendiamo nel sottosuolo, sembra quasi di fare un viaggio nel tempo attraverso diverse epoche storiche: Borboni, Aragonesi, Angioini, Romani, Greci…
Il percorso è davvero avvincente. In alcune cisterne ci sono delle scritte vicino a muri risalenti alla seconda guerra mondiale, quando i sotterranei di Napoli furono usati come rifugio anti aereo. In alcuni angoli si trovano ancora resti di giocattoli antichi, appartenuti a qualche bambino che ha trascorso la sua infanzia lì sotto.
In una cisterna, invece, l’Università di Napoli sta facendo un esperimento botanico cercando di far crescere delle piante in serra. L’idea è davvero bizzarra.
Addentrandoti nei profondi cunicoli, ti potrebbe capitare di incontrare un fantasma dispettoso, il Monaciello, appunto.
Il fantasma dispettoso, da sempre presente nell’immaginario dei Napoletani che entra nelle case e fa scherzi o regali ai suoi abitanti. Porta denaro, numeri vincenti per il lotto, ma anche spaventi, rottura di oggetti, fino all’ingravidamento di ignare fanciulle. Conosce perfettamente il sottosuolo di Napoli ed i suoi numerosi cunicoli ed è capace di attraversare la città per intero. Vive nell’ombra ed adora guardare le reazioni che scatena con i suoi dispetti. Si dice sia particolarmente sensibile al fascino femminile. Non tutti possono vederlo. Il Munaciello sceglie a chi mostrarsi, ma guai a rivelare la sua presenza, per non scatenare la sua ira.
Ovviamente è solo una leggenda popolare, anche se molti dicono di averlo realmente visto.
Si narra che si tratti del fantasma del figlio di Caterina Frezza, che costretta dal padre a prendere i voti, partorì in convento un bimbo deforme che viveva in convento vestito da monaco. Solo di nascosto riusciva a sgattaiolare fuori dalle mura fino a quando non morì in circostanze misteriose. Molti sono convinti di continuare a vedere il suo fantasma che compare e scompare dalle case.
Ma in realtà, potrebbe essere il Pozzaro, colui che si dedicava all’approvvigionamento dei pozzi d’acqua. Quando non veniva pagato per i suoi servizi, si vendicava facendo dei dispetti agli abitanti delle case. Aveva doti da vero speleologo e vestiva con una specie di saio per difendersi dall’umidità. Non è difficile pensare che potesse entrare nelle abitazioni ed essere scambiato per un fantasma.
6) Chiesa di Santa Chiara
Se per alcuni fantasmi c’è una spiegazione logica, altri pare che realmente si aggirino tra i vicoli di Napoli. Tra questi c’è Giovanna D’Angiò, regina di Napoli, assassinata nel 1382 da quattro sicari per ordine di Carlo III di Durazzo per motivazioni legate all’eredità del trono. Pare che non abbia trovato pace e che ancora oggi è possibile percepire il suo fantasma nel Monastero di Santa Chiara, la cittadella francescana voluta da re Roberto d’Angiò e da sua moglie Sancia di Maiorca nel 1310.
La regina morì scomunicata per cui non poteva essere inumata in terra santa. Le sue spoglie furono prima tumulate nella sacrestia di Santa Chiara e poi buttate in una fossa comune coperta da una lastra di marmo vicino all’ingresso del chiostro, motivo per cui vaghi ancora in cerca di sollievo e conforto.
Si dice che chi la incrocia sul proprio cammino riuscendo ad ammirare il suo sguardo triste ed il suo volto madido di lacrime e disturba la sua preghiera, può morire istantaneamente.
Non dimenticate di visitare il bellissimo Chiostro delle Clarisse, con le sue maioliche ritraenti scene campestri e di festa, dove ogni anno avviene anche uno dei numerosi fenomeni di liquefazione del sangue noti in città, il sangue del martire Santo Stefano, che però non è puntuale come quella di San Gennaro e non sempre si verifica.
7) Chiesa del Gesù Nuovo
Uscendo dal chiostro di Santa Chiara, fermatevi in Piazza del Gesù Nuovo ad ammirare la chiesa del Gesù Nuovo, capolavoro dell’arte barocca che nei secoli ha sedotto studiosi e viaggiatori, la cui facciata a punta di diamante conserva ancora qualche mistero, come gli strani graffiti presenti sulle pietre di piperno che nascondono il pentagramma di un madrigale. Un pentagramma a cielo aperto, con una musica scolpita nella facciata e finalmente decifrata da uno storico dell’arte, Vincenzo De Pasquale, 55 anni, con la passione per il misterioso Rinascimento napoletano.
Dalle indagini dello studioso, i segni che sono incisi sul bugnato della facciata del Gesù Nuovo non sono altro che la partitura di un concerto per strumenti a plettro (mandole e affini). Infatti a osservare bene le pietre nere vulcaniche si scoprono dei segni di circa dieci centimetri che rappresentano delle lettere aramaiche, la lingua parlata da Gesù. Sono solo sette segni e ognuno corrisponde a una delle note. Lette in sequenza da destra a sinistra, guardando la chiesa, dall’edificio del liceo pedagogico Fonseca a quello del liceo classico Genovesi, e dal basso verso l’altro, le incisioni, tradotte in note, compongono una musica della durata di quasi tre quarti d’ora il cui significato è ancora ignoto.
8) Palazzo Donn’Anna
Anche Palazzo Donn’Anna a Posillipo, palazzo monumentale del XVII secolo, nonché uno dei più celebri palazzi di Napoli, è legato a Giovanna D’Angiò. L’edificio rimasto incompiuto assunse lo spettacolare fascino di una rovina antica confusa fra i resti delle ville romane che caratterizzano il litorale di Posillipo e fra gli anfratti delle grotte, che si regge in piedi nonostante gli manchi un pezzo. Nell’interno, di notevole interesse è il teatro, aperto verso il mare e dal quale si gode un bel panorama della città partenopea, sede della Fondazione culturale Ezio De Felice. Nelle credenze popolari Donn’Anna viene confusa con la famosa e discussa regina Giovanna d’Angiò che qui avrebbe incontrato i suoi giovani amanti, scelti fra prestanti pescatori e con i quali trascorreva appassionate notti di amore, per poi ammazzarli all’alba facendoli precipitare dal palazzo; la leggenda vuole che le anime di questi sventurati giovanotti tuttora si aggirino nei sotterranei dell’antica dimora, affacciandosi al mare ed emettendo lamenti.
9) La maledizione della Gaiola
La Gaiola è una delle isole minori di Napoli, si trova proprio di fronte alla famosissima Posillipo nel cuore del “Parco sommerso di Gaiola”, un’area marina protetta che si estende su una superficie di 41,6 ettari dal pittoresco borgo di Marechiaro sino alla splendida Baia di Trentaremi. Un’isola i cui misteri hanno radici agli inizi del XIX secolo, quando era abitata dal vecchio Publio Vedio Pollione, un uomo misterioso, di cui si narra che allevasse le murene in vasche scavate nel tufo ed alle quali dava in pasto, di tanto in tanto, qualche suo schiavo particolarmente maldestro. Tutto ciò ha contribuito a rafforzare i miti negativi su questo luogo.
Si dice, infatti, che la Gaiola sia circondata da una maledizione legata al Mago Virgilio, il cui maleficio sarebbe diretto verso chiunque permanga per troppo tempo sull’isola, portando presagi di morte improvvisa ed eventi nefasti.
Fino al XIX secolo, accanto all’isola della Gaiola, era ben visibile un edificio romano semisommerso chiamato la Scuola di Virgilio, dove il vate insegnava arti magiche.
Alcuni pensano che lo specchio d’acqua intorno all’isola sia stato inquinato proprio dai resti delle pozioni create lì dal potente mago. Fatto sta, che all’isola sono collegati numerosi eventi davvero inquietanti.
Il primo proprietario nonché costruttore della villa, Luigi de Negri, aveva una Società della Pescicoltura, con sede sull’isola, che andò in rovina in breve tempo.
Pochi anni dopo, il Capitano Gaspare Albenga, per far ammirare la costa alla marchesa Boccardi Doria, fece incagliare il suo vascello sulla secca della Cavallara, proprio in prossimità della Gaiola.
Fu la volta, poi di Hans Praun e Otto Grumbach, proprietari della villa negli anni ’20, che si tolsero la vita uno dopo l’altro, in seguito alla scomparsa in mare di Elena Von Parish, loro ospite, che cadde dalla teleferica che collegava l’isola alla terra ferma, e non fu mai più ritrovata.
Il proprietario successivo, Maurice Sandoz, finì in una clinica psichiatrica dove si suicidò convinto di essere finito in bancarotta.
Negli anni ’60 la villa passò nelle mani del barone tedesco Paul Karl Langheim, che la trasformò in un logo mondano, ma anch’egli finì rapidamente sul lastrico.
La villa fu allora acquistata da Giovanni Agnelli, noto anche per aver subito numerosi lutti in famiglia, ma ci andò di rado e la rivendette quasi subito ad un altro miliardario, Paul Getty, magnate del petrolio. A lui filò tutto liscio fino al 1973, quando la ‘ndrangheta rapì il figlio, gli amputò un orecchio e chiese un riscatto di 17 milioni di dollari.
Ma non è finita qui.
Nel 1978 l’isola passò a Gianpasquale Grappone, detto Ninì, il miliardario fondatore del Loyd Centauro. Ma in pochi anni il suo impero si sfaldò e finì in galera per bancarotta. Il giorno in cui la villa fu messa all’asta, per un evento fortuito, la moglie Pasqualina Ortomeno morì in un incidente stradale.
7 morti come i 7 peccati capitali ed i giorni che compongono le fasi lunari. Un caso?
Da allora la proprietà dell’isola è passata nelle mani della Regione Campania e per ora la maledizione tace, ma chiunque conosca la storia dell’ultimo secolo, non nuota con serenità verso il meraviglioso isolotto, considerandolo “jellato”.
10) Cappella San Severo
La Cappella di Sansevero è uno degli edifici più belli di Napoli, custode di misteri che ancora oggi non cessano di interrogare gli studiosi. La sua storia è legata a Raimondo di Sangro in persona, noto per essere un inventore geniale dedito all’alchimia, legato ad ambienti occulti e alle più alte sfere di una potente loggia massoniche, che volle riempire l’edificio di opere intrise di significati esoterici, tra cui anche la Cabala.
Era un uomo bizzarro. Gli piaceva giocare componendo corpi con teschi ed ossa umane. I narratori peggiori dicono di averlo addirittura visto costruire poltrone con ossa umane e pelle di cardinali.
Lo si percepisce entrando della Cappella San Severo, uno degli edifici più belli di Napoli, da lui fatta interamente affrescare, custode di misteri irrisolti che ancora oggi non cessano di interrogare gli studiosi di tutto il mondo. La cappella è situata nel centro storico di Napoli, alle spalle di Piazza del Gesù, nei pressi del Conservatorio.
Non è raro trovare una lunga coda di turisti giunti per ammirare il celebre Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, la scultura di un Cristo steso su letto di morte coperto da un velo, così realistico al punto che molti suppongano che sia opera di magia nera e che si tratti di un uomo vero fatto pietrificare da Raimondo di Sangro attraverso un misterioso processo di marmorizzazione.
Del resto, tutti a Napoli sanno che Raimondo di Sangro era non solo dedito all’alchimia, ma anche legato agli ambienti occulti ed alle più alte sfere della massoneria e che lavorasse accompagnato da Giuseppe Salerno, un celebre anatomista palermitano dell’epoca.
Il Cristo Velato, però, non è l’unica scultura di Palazzo San Severo a lasciare a bocca aperta. Ai due lati, ci sono le sculture del Disinganno e dalla Pudicizia, realizzate da Queirolo e Antonio Corradini, anch’esse dalla consistenza di veli impalpabili dei marmi, tanto da sembrare reali.
Ma il vero mistero della Cappella Sansevero sono le “macchine anatomiche” presenti nella cavea sotterranea. Si tratta dello scheletro di due corpi, uno maschile e l’altro femminile, scarnificati dell’involucro esterno e dei quali è visibile l’intero sistema arterioso e venoso. Ai piedi della donna, giace anche un feto ed una placenta aperta legati dal cordone ombelicale.
Nessuno sa come sia possibile “solidificare” il sangue, tuttavia una curiosa teoria penserebbe che il prodigio sia dovuto ad un’iniezione a base di mercurio nelle vene dei due cadaveri mentre il cuore pulsava ancora. Solo un cuore vivo, pompando sangue, avrebbe potuto distribuire il composto per tutto il corpo, rendendo metallico il groviglio di vene, arterie e viscere visibili in ogni loro agghiacciante dettaglio.
Altri pensano che si tratti di riproduzioni identiche alla realtà, la cui precisione è davvero troppo avanzata per l’epoca in cui sarebbero state realizzate.
Che il Principe l’abbia fatto per trovare la sua strada verso l’immortalità?
Intanto si dice che nelle notti di luna piena si senti ancora il frastuono degli zoccoli dei cavalli al galoppo della sua carrozza mentre accorreva per incontrare l’anima di Virgilio mago sulle sponde del mare.
11) Tomba di Dracula
Ma a Napoli non ci sono solo fantasmi, magia nera e templari.
Recenti studi hanno identificato la Tomba di Dracula proprio qui a Napoli, di preciso nel Chiostro di Santa Maria la Nova. La notizia ha lasciato scioccata anche me. Pensa che lì ho seguito i corsi del primo anno dell’Università, ignara che a pochi metri giaceva nientedimeno che il Conte Vlad III.
Nel chiostro c’è una tomba misteriosa sovrastata da una croce che all’apparenza sembra una normale croce cristiana, ma è in realtà è una croce satanica, dalla simbologia blasfema e dannata, senza contare che il marmo interno emana un calore sovrannaturale. Attraverso una microcamera infilata in una crepa, gli studiosi hanno potuto visionare anche le incisioni interne del marmo scovando particolari inquietanti: un teschio trafitto da una croce, cerchi concentrici, sequenze numeriche ed altre figure esoteriche il cui significato è ignaro.
La tomba è stata collegata a Dracula nel 2014 quando alcuni studiosi dell’Università di Tallinn in Estonia hanno rintracciato gli spostamenti della principessa Maria Blasa, figlia del Conte Vlad III Tepes, conosciuto come il Conte Dracula. La donna, fuggita a Napoli nel 1479 a causa delle persecuzioni turche ed accolta nella città da Ferdinando d’Aragona, avrebbe sposato Giacomo Alfonso Ferrillo e sarebbe morta a Napoli.
Quindi, non è stato difficile collegare i due avvenimenti ed associare quel sarcofago al Conte Dracula.
Ad avvalorare l’ipotesi anche la storia della fine di Vlad: si racconta che fu accerchiato in battaglia dagli ottomani e catturato vivo per chiedere il riscatto a sua figlia Maria. Riscattato, il Conte Vlad avrebbe quindi trascorso i suoi ultimi anni in esilio a Napoli, dove poi sarebbe stato sepolto.
Ad avvalorare l’ipotesi anche la storia della fine di Vlad: si racconta che fu accerchiato in battaglia dagli ottomani e catturato vivo per chiedere il riscatto a sua figlia Maria. Riscattato, il Conte Vlad avrebbe quindi trascorso i suoi ultimi anni in esilio a Napoli, dove poi sarebbe stato sepolto.
12) Palazzo Penne e la leggenda del Diavolo
Chiudiamo il tour con un luogo legato ad un aneddoto simpatico. Non troppo distante da Santa Maria La Nova, troviamo Palazzo Penne, un palazzo quattrocentesco considerato una delle più interessanti testimonianze della cultura rinascimentale napoletana ed avvolto da un’antica leggenda che lo identifica come il “Palazzo del diavolo”.
Arriviamo al suo ingresso e, seppur un po’ malridotto, è ugualmente stupendo!
Il portone in quercia è l’unico esempio di artigianato con punte in acciaio dette “peroni”, del periodo gotico.
Sulla facciata troviamo lo stemma della famiglia Penne con inciso un verso Marziale di protezione contro il malocchio: “Tu che non volti la faccia e non guardi volentieri questo (palazzo) o invidioso, invidia pure tutti, nessuno invidia te”.
Superato il portone d’ingresso, accediamo ad un cortile interno, arricchito da un bel portico a cinque arcate con un grazioso giardino sul quale, in origine, si affacciavano le scuderie.
Questo palazzo viene chiamato “del Diavolo” perché legato alla leggenda di una storia d’amore con lieto fine.
Si narra che Antonio Penne, costruttore del Palazzo, s’innamorò perdutamente di una bellissima fanciulla, alla quale chiese di sposarlo. La ragazza, avendo ricevuto molte altre offerte di matrimonio da parte di uomini illustri, gli disse che l’avrebbe sposato sol se avesse costruito in una sola notte un palazzo come dono di nozze. Era un chiaro no, ma Antonio, pazzo d’amore, chiese aiuto al diavolo, promettendogli in cambio la sua anima. Inserì però una piccola clausola, secondo la quale, il diavolo, per ottenere la sua anima, avrebbe dovuto raccogliere tutti i chicchi di grano cosparsi sul pavimento.
Terminato il palazzo, Antonio pose sul terreno del cortile una grande quantità di grano ma fu più furbo del diavolo e ne incollò alcuni con la pece cosicché finissero sotto le unghie del demonio. Il diavolo non riuscì a raccogliere tutti i chicchi ingannato dall’astuzia umana e dovette rinunciare all’anima di Antonio, che così riuscì a sposare la sua amata ed ottenne un magnifico palazzo.
Chiudiamo con un lieto fine, ma il tour in realtà non è finito.
Ci sono tanti altri luoghi avvolti da mistero.
Qui trovate il mio video: